Dalla Vita Nova al Convivio

Alberto Pimpinelli (Rice University, Université Clermont Auvergne)

Dante Notes / August 10, 2023

I riferimenti astronomici nelle opere di Dante offrono un’eccellente opportunità per apprezzare a qual punto le conoscenze scientifiche dell’epoca siano rielaborate nella cultura non specialistica dei laici colti. Ciò è soprattutto vero quando il referente scientifico è utilizzato in un contesto non tecnico, ma di portata per così dire pratica.

Esempio di ciò è un brano all’inizio del Convivio dantesco, Cv. II.2, su cui Alberto Casadei ha attirato la mia attenzione e che lo occupò tempo addietro[1]. In questo passaggio, Dante impiega i moti del pianeta Venere per delimitare il lasso di tempo trascorso tra la morte di Beatrice, l’8 giugno 1290, e l’apparizione della “donna gentile”:

Cominciando adunque, dico che la stella di Venere due fiate rivolta era in quello suo cerchio che la fa parere serotina e matutina secondo diversi tempi, apresso lo trapassamento di quella Beatrice beata che vive in cielo colli angeli e in terra colla mia anima, quando quella gentile donna di cui feci menzione nella fine della Vita Nova, parve primamente, acompagnata dAmore, alli occhi miei e prese luogo alcuno nella mia mente.

Da un altro brano del secondo libro del Convivio, Cv. II.12.9-11, si apprende che la canzone Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete, che in questo libro dell’opera viene appunto discussa, avrebbe dovuto essere composta circa trenta mesi dopo l’apparizione della donna gentile. D’altro canto, la canzone viene menzionata nella Commedia da Carlo Martello, che nel canto VIII del Paradiso la cita come a lui nota. Secondo le ricostruzioni storiografiche disponibili, Dante avrebbe incontrato Carlo Martello a Firenze nella primavera del 1294; assumendo che la canzone fosse già conosciuta a questa data, o poco dopo, ne segue che l’arrivo della donna gentile nella vita del poeta si dovrebbe datare all’autunno del 1291, cosicché alle due rivoluzioni di Venere evocate in Cv. II.2 si dovrebbe assegnare una durata, al più, di un anno e qualche mese.

Come dichiarato già nell’Almagesto, ai moti dei pianeti si possono attribuire due distinte periodicità: una, corrispondente al tempo necessario perché che il pianeta percorra tutto lo zodiaco, che nel caso di Venere uguaglia la durata di una rivoluzione zodiacale del Sole, con il quale Venere si muove di conserva, e ed è dunque di un anno solare; l’altro periodo corrisponde invece al tempo che trascorre tra due successive congiunzioni di un pianeta con il Sole. Per i pianeti inferiori, tra cui Venere, si verificano due tipi di congiunzioni: quella detta inferiore, dopo la quale il pianeta appare nel cielo dell’alba, e quella superiore, dopo la quale il pianeta compare di notte, dopo il tramonto; per dirla con Dante, serotina e mattutina. In linguaggio moderno, il primo periodo è detto sidereo, il secondo sinodico. Il periodo sinodico di Venere è uguale a circa 584 giorni, ossia grosso modo 19 mesi e 9 giorni. Questo periodo è il solo che corrisponda ai requisiti del testo dantesco: però, due rivoluzioni di questo tipo ammontano a 38 mesi e 18 giorni, cosicché tra la morte di Beatrice e la scrittura di Voi che ‘intendendo sarebbero trascorsi quasi sei anni e questa conclusione, scrive Casadei, che pure sarebbe lunica rispondente alla lettera del testo, contrasta con quasi tutti i dati esterni disponibili. Si potrebbe a questo punto pensare che i dati esterni disponibili siano errati. Casadei invece considera la possibilità che Dante abbia valutato erroneamente il periodo di Venere: è su questo punto che vorrei intervenire.

Casadei osserva a più riprese che nei manoscritti medievali il computo dei periodi planetari era quanto mai problematico. Questa affermazione va corretta perché, se è ben vero che i valori dei periodi planetari riportati dalla tradizione manoscritta sono estremamente variabili, questi valori non erano in alcun modo il risultato di un calcolo: i periodi sidereo e sinodico sono parametri costanti, dati una volta per tutte, che si utilizzano per calcolare le posizioni planetarie ad un istante dato; la variabilità che questi parametri mostrano nei manoscritti a noi pervenuti, deriva dal fatto che questi  ultimi sono per lo più copie senza alcuna reale utilità pratica, trascritti da copisti senza conoscenze tecniche che prestavano scarsa attenzione a numeri e cifre.

Nel caso particolare di Venere, poi, il periodo sinodico che qui ci interessa si ricava facilmente dal fatto che 5 periodi sinodici sono quasi esattamente uguali a 8 anni solari, perché 5 x 584 = 8 x 365. Ciò significa che le posizioni del pianeta rispetto al Sole si ripetono quasi esattamente in un ciclo di 8 anni[2]. Anche questo dato era ben noto, e così espresso ad esempio nell’Almagesto (Testo latino: Ptolemy, Almagesti; Ms. Vat. lat. 2056, IX.3 De periodicis restitutionibus quinque planomenorum, https://ptolemaeus.badw.de/ms/227/327/text/1):

Ad audiendum vero universaliter longitudinis quidem motum eum qui centri epicicli circa excentricum, anomaliam vero eum qui stelle circa epiciclum. (…) Veneris autem quinque anomalias in annis quidem solaribus qui secundum nos viii minus habentibus dies ii et iiiia et xxa ad proximum, circumcursibus vero stelle numero paribus eis qui viii Solis deficientibus ii et iiiia. [3]

L’Almagesto, in quanto testo tecnico di astronomia matematica, si riferisce ai periodi planetari in termini di moti sull’epiciclo e sul deferente. Come ricordato in precedenza, però, questi periodi si interpretano più semplicemente riferendosi al loro moto sullo Zodiaco, rispetto alle stelle (sidereo) o rispetto al Sole (sinodico). Il Capitulum 19 de annis quinque planetarium del Compotus[4] precedentemente attribuito a Ruggero Bacone[5] fornisce per l’appunto le durate degli “anni”, ossia dei periodi rispettivi, dei 5 pianeti. Per ciascuno di questi, come consuetudine, egli riporta sia il periodo sidereo che quello sinodico:

Unum genus est spacium temporis quo quilibet peragrant totum zodiacum scilicet a puncto uno zodiaci, verbi gracia, ab equinocciali sive a stella fixa, donec redeat ad ipsum punctum. (…) Aliud genus anni est planetis singulis spacium quo recedunt a sole, si sint inferiores, vel sol recedit ab eis si fuerint superiores, donec iterum soli in eodem gradu conjungantur et reaccendantur ab eo.[6]

Data la definizione del periodo sinodico come il tempo trascorso tra due congiunzioni successive del pianeta con il Sole, non è sorprendente che l’autore del Compotus, dopo aver dichiarato che il suo periodo sidereo è di un anno solare, attribuisca a Venere un periodo sinodico uguale a metà del valore di 583 giorni e 19 ore, corrispondente al periodo di rivoluzione nel “cerchietto” (in rotatu sui circuli parvi) dell’epiciclo:

Annus vero Veneris et annus Mercurii secundum modum primum quo moventur ab aliquo puncto zodiaci seu ab aliqua Stella fixa donec redeunt ad idem punctum, equalis inventus est secundum modum medium anno solari. Set anni alteriusmodi, qui sunt a conjunccione cum sole in uno gradu donec ad ipsum solem redeant in uno gradu, sunt breviores anno solari. Venus in rotatu suo circa solem nunquam elongatur ab sole ultra .48, gradus de gradibus zodiaci, et ideo in rotatu uno sui circuli parvi in quo movetur corpus ejus, bis adunatur soli in uno gradu longitudinis, set non in uno gradu latitudinis. Hunc autem rotatum sui circuli parvi perficit in quingentis octoginta tribus diebus et .19. horis, qui faciunt annum unum solarem et ultra .217. dies et .13. horas[7]. Divisis ergo .583. diebus et .19. horis in duo equalia, et abjecta medietate una, erit reliqua tempus quo Venus redit ad solem in uno gradu longitudinis secundum medium motum suum, et secundum hoc erit annus Veneris hujusmodi dies .292. et hore .3. et dimidia[8].

Se Dante avesse utilizzato un ragionamento simile, e il valore corretto—che possiamo arrotondare a 584 giorni—per il periodo sinodico di Venere, allora si può stimare che l’apparizione della donna gentile sia avvenuta all’incirca 2 x 292 giorni, ossia 19 mesi circa dopo la morte di Beatrice; grosso modo, a metà gennaio del 1292. Aggiungendo 30 mesi, si arriva a metà luglio del 1294.

Questo brano del Compotus non viene necessariamente proposto come possibile fonte dantesca, anche se l’espressione tecnica in rotatu uno sui circuli parvi in quo movetur corpus ejus, bis adunatur soli in uno gradu longitudinis in riferimento a Venere, avrebbe potuto essere resa da Dante come la stella di Venere due fiate rivolta era in quello suo cerchio che la fa parere serotina e matutina secondo diversi tempi, se per due fiate rivolgersi si intenda effettuare due mezze rotazioni, cosicché rivolgersi indichi un cambiamento di direzione parziale e non una rotazione completa.

L’autore del Compotus dimostra, infatti, che questa maniera di intendere il testo dantesco diventa completamente accettabile che se si considerano i moti dei pianeti in proiezione sulla volta celeste; di modo che risulta naturale attribuire a Venere e a Mercurio un periodo sinodico corrispondente al periodico allontanamento e riavvicinamento del pianeta al Sole, invece della durata di una rivoluzione completa sull’orbita. Concetto quest’ultimo che pare il solo possibile a chi come noi ha perso ogni familiarità con la visione diretta dei pianeti nel cielo notturno.

 


[1] A. Casadei, “Dalla Vita Nova al Convivio”, Dante: Rivista internazionale di studi su Dante Alighieri, Vol. 12 (2015), pp. 29-40.

[2] Per questo motivo le Tavole di Venere del famoso (o famigerato) Almanacco di Profazio hanno solo 8 colonne, una per ogni anno del ciclo.

[3] Inteso in senso generale, “moto in longitudine” è il moto del centro dell’epiciclo lungo l’eccentrico, mentre “anomalia” è il moto del pianeta lungo l’epiciclo (…) Allora, 5 moti in anomalia di Venere si svolgono approssimativamente in 8 anni solari, secondo la nostra definizione, meno 2 giorni, 7 ore e 12 minuti, corrispondenti a un numero di rivoluzioni del pianeta pari a 8 rivoluzioni del Sole, meno 2 [gradi] e 1/4. (Traduzione mia).

[4] R. Bacon, Opera hactenus inedita, Vol. 6, R. Steele ed. (1926) Clarendon Press, pp. 78-81

[5] L’opera è attualmente attribuita a Giles de Lessines; si veda C.P.E. Nothaft, Scandalous Error, Oxford University Press. Cap. 4, nota 96. Ringrazio Cecilia Panti (Uni Roma 2) per la segnalazione.

[6] Un tipo di moto corrisponde all’intervallo di tempo in cui ciascun (pianeta) attraversa tutto lo Zodiaco, cioè, da un punto dello Zodiaco, ad esempio dal punto equinoziale, oppure da una stella fissa, fino a ritornare allo stesso punto. (…) Un altro tipo corrisponde al moto in cui un dato pianeta si allontana dal Sole, si è uno dei pianeti inferiori, oppure in cui il Sole si allontana dal pianeta, se è uno dei superiori, finché il pianeta in questione di nuovo si congiunge nello stesso grado con il Sole e da esso è di nuovo combusto. (Traduzione mia).

[7] Poiché un anno solare (Giuliano) medio ha una durata di 365 giorni e 6 ore, ossia 365 x 24 + 6 = 8766 ore, il periodo di Venere è uguale a 583 x 24 + 19 = 14011 ore, ossia 1 anno, 218 giorni e 13 ore; inoltre, la metà di 583 giorni e 19 ore è di 291 giorni e 21 ore e mezza, uguale a 292 giorni meno 2 ore e mezza. Il testo contiene dunque diversi errori.

[8] Invero l’anno di Venere e quello di Mercurio, definiti in un primo modo come il tempo impiegato dai pianeti nel muovere da un punto qualsiasi dello Zodiaco, o da una qualunque stella fissa, fino a ritornare a quello stesso punto, si trova essere uguale in media ad un anno solare. Ma secondo un’altra definizione di anno, come il tempo trascorso dal momento in cui i pianeti sono in congiunzione con il Sole in un grado (dello Zodiaco) sino a che essi ritornino a congiungersi con lo stesso Sole in un dato grado, gli anni (dei pianeti) sono più corti dell’anno solare. Venere, nel suo moto periodico attorno al Sole, non si allontana mai da esso più di 48 gradi zodiacali, e perciò nel suo moto di rivoluzione sull’epiciclo si ritrova due volte assieme al Sole nello stesso grado in longitudine, sebbene non nello stesso grado in latitudine. Questa rivoluzione si effettua in 583 giorni e 19 ore, che corrispondono a 1 anno solare più 217 giorni e 13 ore. Dividendo quindi 583 giorni e 19 ore in due parti uguali, e toltane una metà, ciò che rimane è il tempo impiegato da Venere per tornare a congiungersi con il Sole nello stesso grado di longitudine, secondo il moto medio del pianeta; con questa definizione, il periodo di Venere è di 292 giorni e 3 ore e mezza. (Traduzione mia).